Banca d’Italia “riconosce” il lending crowdfunding. Ma c’è ancora molto da fare

La normativa sul social lending approvata da Banca D’Italia è un passo avanti per le piattaforme e le PMI italiane. Ma la strada da percorrere è ancora lunga

Normativa social lending banca d'italia

Banca d’Italia ha recentemente pubblicato le attese nuove Disposizioni in materia di raccolta del risparmio da parte dei soggetti diversi dalle banche, che comprendono una sezione (la IX) completamente dedicata al social lending e quindi alle piattaforme web che intermediano denaro erogato da investitori privati e istituzionali a prenditori privati o a imprese.

Banca d’Italia definisce il social lending (o lending based crowdfunding) come “uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme on-line, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto” e chiarisce comunque che l’operatività dei gestori dei portali on-line che svolgono attività di social è consentita nel rispetto delle norme che regolano le attività riservate a particolari categorie di soggetti (ad esempio, attività bancaria, raccolta del risparmio presso il pubblico, concessione di credito nei confronti del pubblico, mediazione creditizia, prestazione dei servizi di pagamento).

Nel Resoconto della consultazione, Banca d’Italia fa comunque capire che questo è solo il primo tassello di una norma normativa ancora tutta in divenire.

Vediamo qualche dettaglio.

Per quanto riguarda i gestori, non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico:

  • la ricezione di fondi da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento dai gestori medesimi, se autorizzati a operare come istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica o intermediari finanziari
  • la ricezione di fondi connessa all’emissione di moneta elettronica effettuata dai gestori a tal fine autorizzati.

Mentre, per quanto riguarda i prenditori, Bankitalia precisa che non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico:

  • l’acquisizione di fondi effettuata sulla base di trattative personalizzate con i singoli finanziatori. Al riguardo, avute presenti le modalità operative tipiche delle piattaforme di social lending, le trattative possono essere considerate personalizzate allorché i prenditori e i finanziatori sono in grado di incidere con la propria volontà sulla determinazione delle clausole del contratto tra loro stipulato e il gestore del portale si limita a svolgere un’attività di supporto allo svolgimento delle trattative precedenti alla formazione del contratto;
  • l’acquisizione di fondi presso soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale, operanti nei settori bancario, finanziario, mobiliare, assicurativo e previdenziale.

C’è poi la questione del limite massimo, di contenuto importo, all’acquisizione di fondi tramite portale on line di social lending. A questo proposito, Antonio Lafiosca, cofondatore di Borsa del Credito, unica piattaforma italiana di P2P lending dedicata alle imprese, interpellato da Milano Finanza, precisa che per prassi su tutte le piattaforme “chi presta attualmente come persona fisica o giuridica non può superare la soglia di 50 mila euro”.

La normativa di Banca D’Italia è sicuramente un primo passo che, quanto meno, riconosce l’operatività delle piattaforme di lending crowdfunding prendendo atto dei modelli di business già in essere. Ma, appunto, si tratta di un primo passo. Lafiosca ha infatti aggiunto: “L’approvazione della legge sul social lending è un primo importante passo ma c’è ancora molto da fare. Per esempio esiste ancora una ingiustificata disparità di trattamento fiscale per chi investe in questo strumento, tassato ad aliquota marginale tra il 23 e il 43%. Inoltre, non esistono sgravi fiscali interessanti”.

Un commento:

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