La Francia vara un piano da 4 miliardi di euro per sostenere le startup. E L’Italia?

Il piano per le startup è stato annunciato il 25 marzo scorso dal Ministro per gli Affari Digitali francese Cedric O e dalla banca d’investimento pubblica Bpifrance

Cedric O

Il 25 marzo scorso il Ministro per gli Affari Digitali della Francia Cedric O (nella foto) e la banca d’investimento pubblica Bpifrance hanno reso noto un piano da 4 miliardi di euro per sostenere le startup francesi, che nei prossimi mesi dovranno affrontare i problemi di finanziamento e di ricavi innescati dall’emergenza sanitaria da coronavirus (COVID-19).

Innanzitutto, le startup che stavano per chiudere un round potranno ottenere un finanziamento ponte attraverso il PIA (Programme d’Investissements d’Avenir) di Bpifrance, che mette sul piatto 80 milioni di euro, cui si aggiungono coinvestimenti privati di pari importo. La banca d’investimento statale francese inoltre sta accelerando i pagamenti del sostegno pubblico, trasferendo 250 milioni di euro prima del previsto.

Inoltre, le startup potranno chiedere in prestito fino a 2 anni di stipendio per i dipendenti con sede in Francia o in alternativa il 25% dei ricavi annui, a seconda di quale dei due è più alto. Questa misura dovrebbe valere 2 miliardi di euro. Le startup potranno anche ottenere più celermente le dichiarazioni fiscali, in particolare quelle Iva e su investimenti in R&S (credit d’impôt recherche): questo comporterà una iniezione di liquidità di 1,5 miliardi di euro.

Il piano di sostegno alle startup si aggiunge alle misure già prese dal Governo francese per sostenere le imprese, cui potranno accedere anche le startup. Quelle che hanno problemi di entrate potranno saltare il pagamento delle tasse, l’affitto e le bollette. Inoltre, il Governo ha mobilitato 300 miliardi di euro a sostegno della liquidità delle aziende e offre la possibilità a quelle che devono interrrompere l’attività di usufruire di un orario di lavoro ridotto, in cui i dipendenti riceveranno fra l’84 e il 100% dello stipendio, che sarà rimborsato alle aziende dallo Stato.

E l’Italia?

Ad oggi il nostro paese non ha ancora preso misure ad hoc per sostenere le startup. Ma le proposte delle associazioni sul tema non mancano. La scorsa settimana AIFI, l’Associazione del Private Equity, Venture Capital e Private Debt, ha proposto una serie di misure a sostegno del venture capital:

  1. potenziamento dell’operatività del Fondo Nazionale Innovazione, destinando, oltre a quanto già previsto (circa un miliardo di euro tra risorse Mise e Cdp), ulteriori risorse da parte del Mise volte a rafforzare il fondo di fondi venture (con una ulteriore auspicabile destinazione di 200 milioni da parte del Mise oltre alle risorse già pianificate su tale fondo – 200 milioni già apportati da Cdp e 100 milioni in corso di sottoscrizione da Mise – per un totale di 500 milioni);
  2. nuova dotazione di risorse Mise (ipotesi: 200 milioni) per investimenti in round B o C volti a rafforzare le imprese in portafoglio dei fondi di venture capital;
  3. lancio di un nuovo fondo di technology transfer sulla base della positiva esperienza di ITAtech;
  4. rafforzamento del fondo centrale di garanzia per startup innovative per supportarle.

Sempre la scorsa settimana, VC Hub Italia, associazione del Venture Capital in Italia, ha proposto una serie di misure al Governo, sostenute anche da anche Assofintech, associazione italiana per il fintech e l’insurtech. In generale, si propone di estendere alle startup e PMI Innovative tutte le misure previste nel decreto Cura Italia, da cui sono oggi di fatto in gran parte escluse. Inoltre, suggerisce l’introduzione di misure eccezionali temporanee volte a garantire sopravvivenza a startup: “Startup Emergency Act”. A esso si aggiungono proposte effettuate già prima dell’emergenza, che ora diventano a maggior ragione più rilevanti: si va dall’esenzione dall’applicazione del codice su crisi di impresa per startup e PMI innovative, a portare la defiscalizzazione per investitori in startup innovative dal 30 al 60%, oltre che alla detraibilità totale fino a un massimo di 200 mila euro in caso di perdita del capitale per esercizio 2020.