Consolidamento in vista nel settore del Crowdfunding italiano ed europeo?

EY, in un articolo esclusivo per Crowdfunding Buzz, ritiene che il rinnovato contesto normativo potrebbe favorire la nascita di super-piattaforme pan-europee

 

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Articolo a cura di Andrea Lapomarda, Partner, Financial Services Risk Consulting, EY e Denni Bianchi, Senior Manager, M&A Financial Services, EY

 

La recente stretta regolamentare dell’Unione Europea, unita alla frammentazione tipica del mercato del crowdinvesting italiano, porterà probabilmente ad un’ondata di consolidamento e di operazioni straordinarie. Questo permetterebbe alle piattaforme di grandi e medie dimensioni di ottenere sinergie di costo, ma anche di reggere alla spinta competitiva derivante dai portali europei.

Dei 114 portali di crowdinvesting censiti sul nostro territorio, infatti, solo 25 ad inizio aprile hanno concluso con successo l’iter necessario per continuare ad operare, mentre tra i nuovi portali autorizzati in Europa ci sono ben 21 piattaforme che hanno già dichiarato di voler lavorare in Italia (francesi e spagnole in particolare).

Proprio la spagnola Urbanitae ha annunciato a fine marzo l’entrata in Italia con l’obiettivo di finanziare 50 milioni di progetti di equity immobiliare nel primo anno di attività.

Assestamento normativo e implicazioni per gli operatori di Crowdfunding

Nell’ottobre 2020 l’UE ha introdotto il Regolamento Europeo 2020/1503, denominato ECSP (European Crowdfunding Service Provider), che stabilisce nuovi elementi riguardanti l’autorizzazione, l’organizzazione e la supervisione dei “fornitori di servizi di crowdfunding”. Il regolamento, a cui tutte le piattaforme si sono dovute uniformare entro il 10 novembre 2023, ha introdotto regole più uniformi a livello comunitario, e dispone che:

  • Tutte le piattaforme di crowdfunding rispettino le nuove regole in termini di controlli interni, governance, idoneità dei membri interni, nonché il processo di due diligence sulle nuove iniziative;
  • Tutti i dettagli chiave degli investimenti e delle iniziative siano divulgati in un prospetto standardizzato chiamato KIIS (Key Investment Information Sheet);
  • Si disponga di un passaporto europeo per operare in altri Paesi UE;
  • Le piattaforme possano offrire mini-obbligazioni agli investitori al dettaglio, mentre non sarà permesso loro di vendere quote di Organismi di Investimento Collettivo;
  • L’accesso alla raccolta di capitale tramite il crowdfunding di equity sia esteso a tutti i tipi di aziende (mentre prima era riservato solo alle PMI e alle start-up innovative).

Per quanto riguarda il mercato italiano, il Decreto Legislativo 10 marzo 2023, n. 30 ha modificato il Testo unico della Finanza (TUF), dettando i principi per la creazione di una disciplina uniforme per il lending-based crowdfunding e l’investment-based crowdfunding a livello locale.

Inoltre, in conformità con il regime armonizzato dettato a livello europeo, sono state individuate Consob e Banca d’Italia come autorità nazionali competenti e sono state ripartite le rispettive competenze di vigilanza. In particolare, la prima si occupa di tutte le procedure di autorizzazione e della supervisione della trasparenza e dell’equità dei portali, mentre la seconda si occupa dell’adeguatezza del capitale, della governance, della mitigazione dei rischi e dei controlli interni.

L’entrata in vigore del regolamento e il suo recepimento nel nostro Paese non è stato privo di difficoltà, sia a causa dei requisiti più stringenti richiesti dalle autorità nazionali competenti, sia a causa dei ritardi nell’assegnazione delle licenze.

L’insieme di questi fattori secondo alcuni ha infatti creato, seppur indirettamente, un processo autorizzativo più snello per le piattaforme estere, che possono beneficiare di un “passaporto unico” per operare anche nel mercato italiano.

I benefici introdotti dal regolamento europeo, tuttavia, sono chiari e includono una maggiore trasparenza e protezione degli investitori (specialmente quelli non professionali), nonché la promozione di un mercato unico e transfrontaliero.

I problemi sollevati dagli operatori italiani riguardano le garanzie aggiuntive richieste dagli organi nazionali su profilo e ammissibilità degli investitori e la necessità di avere un bilancio certificato da un revisore contabile (il che li rende intermediari finanziari a tutti gli effetti).

A questo si aggiunge il fatto che nel nostro paese non è al momento autorizzato il mercato secondario (il che riduce sensibilmente la liquidità degli investimenti) né la possibilità per gli investitori retail di sottoscrivere titoli di debito come i minibond.

La dematerializzazione delle quote delle Srl

In correlazione con quanto finora descritto, le disposizioni introdotte dalla Legge 5 marzo 2024, n. 21 (cd. “DDL Capitali”), previste per favorire l’accesso al mercato dei capitali e ridurre i costi legati all’emissione e al trasferimento di partecipazioni di piccole e medie imprese, introducono la facoltà di dematerializzare le quote di s.r.l., che rientrano nella categoria delle PMI, utilizzando il regime di gestione accentrata previsto dall’art. 83-bis e ss. del TUF.

Pertanto, alle s.r.l. PMI risulta concesso di offrire in sottoscrizione le proprie quote al pubblico in conformità alla legislazione generale prevista dal TUF oppure attraverso i portali di equity crowdfunding.

A tal proposito, occorre specificare che la nuova disciplina sia limitata alle sole s.r.l. start up innovative e alle PMI, comportando l’esclusione dal sistema della dematerializzazione delle s.r.l. di grandi dimensioni.

Per determinare quali PMI siano incluse o meno si fa infatti riferimento alla definizione presente nella “Raccomandazione europea 2003/362/CE”, secondo cui un’impresa, per definirsi PMI, deve avere un numero medio di dipendenti nel corso dell’esercizio inferiore a 250 e una tra le seguenti condizioni: fatturato netto annuale non superiore a 50 milioni di euro o totale dello stato patrimoniale non superiore a 43 milioni di euro.

Ciò stante, tale esclusione potrebbe nella pratica comportare un ostacolo alla iniziale finalità di consentire lo sviluppo di un mercato secondario di quote, in questo caso, per quelle s.r.l. che presentano un maggiore interesse ad accedere alla dematerializzazione, dati il maggior numero di soci e la migliore capacità organizzativa.

Se questi vincoli aggiuntivi rischiano in parte di rompere gli equilibri competitivi e quindi di causare una perdita di risorse verso l’estero, i requisiti aggiuntivi richiesti alle piattaforme italiane rappresentano anche un valore aggiuntivo e implicano maggiore solidità e attrattività per gli investitori, anche fuori dall’Italia. Un’altra opportunità è rappresentata dalla rimozione del requisito del minimo del 5% della raccolta investito da investitori professionali.

Prospettive e sfide future

In un mercato frammentato e polarizzato come quello italiano, in cui pochi player sono responsabili della maggior parte della raccolta fondi (e.g., Mamacrowd da sola ha coperto il 60% del mercato di equity crowdfunding nel 2023), le principali opzioni di successo per le piattaforme di dimensioni minori passano per la diversificazione della gamma prodotti e servizi offerti, da realizzarsi mediante iniziative specifiche e l’offerta di prodotti innovativi.

In questo senso, le nuove opportunità potrebbero derivare dall’introduzione di meccanismi di Security Token Offering (STO), che permettono all’investitore di custodire da sé i titoli tramite l’emissione di un token (rappresentativo della quota di capitale) basato su tecnologia blockchain.

La tokenizzazione offre innegabili vantaggi alla piattaforma e all’investitore: quest’ultimo, infatti, ha la possibilità di accedere a forme di investimento alternative, più liquide, ad alta redditività e con processi burocratici più snelli e rapidi. A questo si aggiunge naturalmente l’abilitazione tecnologica per un eventuale mercato secondario delle quote.

Tra le opportunità di crescita e diversificazione del business, una menzione specifica va poi fatta anche in merito alla possibilità di formalizzare partnership. Un esempio noto è quella tra Ener2Crowd e Walliance, che offre agli investitori una nuova asset class unendo la proposta energy a quella real estate come riqualificazione green di edifici.

Relativamente alla crescita inorganica, è lecito attendersi una nuova ondata di operazioni straordinarie ulteriormente favorite dai recenti sviluppi regolamentari. Come già descritto, i nuovi vincoli potrebbero infatti determinare l’impossibilità ad operare per alcune piattaforme, poiché non disporrebbero delle risorse finanziarie e dei mezzi necessari per rispettare le nuove regole e procedure.

L’introduzione dei vincoli dell’ESCP, unita alla polarizzazione e frammentazione del mercato attuale, crea un terreno favorevole per un naturale processo di consolidamento, in concomitanza con la crescente maturazione del settore del crowdfunding. I flussi di finanziamento da fondi di Venture Capital, l’interesse per operazioni di M&A, modelli di business ibridi e partnership confermano queste tendenze.

Il fenomeno aggregativo

Guardando al contesto europeo, riteniamo che il mercato olandese possa essere preso come punto di riferimento, posizionandosi al primo posto secondo il CMRI (Crowdfunding Market Readiness Index), elaborato dal Centro di Ricerca sul Crowdfunding dell’Università di Agder.

Tale indice prende in considerazione diversi parametri, tra cui il numero di piattaforme attive sul territorio in base alla popolazione, il volume di investimento pro-capite, il numero medio di investitori e il livello generale di consapevolezza dei cittadini in merito al crowdfunding. Le altre posizioni del podio sono occupate rispettivamente da Norvegia e Danimarca, mentre l’Italia occupa il dodicesimo e penultimo posto (seguita solo dalla Polonia).

È proprio guardando ai recenti sviluppi di mercato nei Paesi Bassi che si può osservare un case study rappresentativo e potenzialmente precursore di trend in arrivo anche nel mercato italiano: si tratta di una fusione in una “super piattaforma” di tre player di crowdfunding, avvenuta a fine novembre 2023. Le olandesi Kapitaal op Maat, Max Crowdfund, e Capital Circle hanno infatti annunciato la volontà di unirsi per operare in più paesi europei e diverse aree di business, facendo leva sulla singola licenza ECSP ottenuta da Kapitaal op Maat. Il nuovo gruppo ottiene così una dote di 20.000 utenti registrati e una raccolta totale di oltre 200 milioni di euro.

La tendenza verso la creazione di “super piattaforme” potrebbe concretizzarti ben oltre un singolo caso isolato: secondo lo European Crowdfunding Market Report 2023 dell’Università di Agder, infatti, solo una minoranza di piattaforme di tutti i modelli ha effettuato fusioni e acquisizioni in passato, ma una quota maggiore di esse prevede invece di essere coinvolta in attività di M&A in futuro (nello specifico, il 42% delle piattaforme equity e il 53% di quelle lending).

Il fenomeno aggregativo è a ben vedere già iniziato anche in Italia, con i casi più noti che riguardano l’acquisizione di Trusters da parte di CrowdFundMe e della francese Lymo Finance da parte di Walliance. Molto recente è anche l’aggregazione di Opstart e BackToWork, con l’acquisizione del 60% della seconda a cura della prima in un’operazione carta contro carta che aggrega circa 60.000 utenti e più di 600 campagne lanciate.

Altre operazioni hanno visto protagoniste grandi società finanziarie che investono in quote di varia entità di portali di Crowdfunding: Azimut in Mamacrowd, Intesa Sanpaolo in BackToWork e Credit Agricole in Ener2Crowd.

L’armonizzazione della normativa potrebbe portare anche in Italia alla formazione delle cosiddette “super piattaforme” per fare leva su una licenza unica e sull’adozione di economie di scala, anche con una dimensione europea che guarda oltre i confini nazionali.

L’Unione Europea nel complesso diventa più attrattiva anche presso i player oltre oceano, con piattaforme che operano già su altre geografie e possono ora acquisire un’unica licenza per operare in tutti gli Stati membri, mentre in passato avrebbero dovuto seguire regole e iter autorizzativi specifici per ogni Stato.

A titolo esemplificativo si possono citare le statunitensi Wefunder (che ha ottenuto il via libera ad operare in UE nel 2023) e Republic. Quest’ultima ha dato vita ad una super-piattaforma trans-continentale grazie dell’acquisizione nel 2021 di Seedrs, una piattaforma inglese la cui branch irlandese è stata recentemente autorizzata ai sensi dell’ECSP.

Conclusioni

In conclusione, si prevede che nei prossimi mesi il processo trasformativo del mercato del crowdfunding continuerà con un ulteriore impulso verso il consolidamento e la formazione di super-piattaforme con scala potenzialmente pan-europea.

Da un lato la maggiore concentrazione rischia di trasformare i piccoli player in piattaforme di raccolta fondi, con processi standardizzati per gestire il volume delle transazioni e incrementare i ricavi commissionali da parte dei player maggiori, che ne controllano la maggioranza.

Dall’altro lato, è attesa una crescente frammentazione in nicchie altamente specializzate per geografia, tipo di utente, modello di finanziamento e tipologia di operazione, in direzione di una crescente modularità della piattaforma al fine di soddisfare le esigenze uniche delle diverse tipologie di investitori.

Dal momento che questi sviluppi di mercato risultano simultaneamente probabili, è lecito attendersi una standardizzazione dei processi operativi in seno alle piattaforme su bisogni universali come la protezione dalle frodi, la chiarezza fiscale e l’istruzione, e una forte competizione a livello di use case specifici, tipologia di transazioni e di investitori.

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