Parte il reward crowdfunding di RARE per trasformare i rifiuti elettronici in una miniera di terre rare

Al via la campagna di crowdfunding di RARE, il progetto di un gruppo di giovani ricercatori di Milano-Bicocca che recupera le terre rare dai rifiuti elettrici ed elettronici

 

RARE crowdfunding su Produzioni dal basso

 

Parte, su Produzioni dal Basso, la raccolta fondi delle prima delle tre campagne previste per questa edizione di Bicocca Università del Crowdfunding.

Si tratta del progetto RARE, che avrà sessanta giorni di tempo per raccogliere cinquemila euro, ma già tagliato il traguardo del 50% dell’obiettivo scatterà il contributo dell’azienda partner che coprirà la restante parte della somma.

Dalle batterie per le auto ibride alla fibra ottica, dai computer agli smartphone, tutto funziona grazie all’impiego di metalli che rientrano tra le terre rare, una classe di elementi chimici utilizzati nei dispositivi elettronici, veicoli elettrici, pale eoliche e molto altro ancora, la cui estrazione dai minerali richiede un processo costoso e inquinante.

La possibilità di reperirli a costi più bassi rispetto a quelli attuali e contenendo l’impatto sull’ambiente è una sfida decisiva per l’Europa, dipendente in gran parte dalle importazioni di queste materie. E lo è ancor di più nell’ottica della transizione ecologica.

A raccogliere questa sfida è un gruppo di giovani ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca. Il sistema messo a punto impiega due tipologie di rifiuto: grazie alle nanotecnologie, le terre rare vengono “estratte” da apparecchi elettronici in disuso utilizzando un dispositivo realizzato con materiale poroso partendo dagli scarti dell’industria chimica e dell’acciaio.

La campagna di crowdfunding

Il progetto RARE ha partecipato alla quinta call Bicocca Università del Crowdfunding, il programma di finanza alternativa dell’Ateneo che promuove lo sviluppo di progetti innovativi e idee imprenditoriali e ha incassato il sostegno di EIT RawMaterials, consorzio europeo che si occupa delle materie prime non fossili a supporto della transizione energetica che da quest’anno è partner di #BiUniCrowd.

Il team RARE è formato da Lorenzo Viganò e Daniele Montini, dottorandi in Scienza e Nanotecnologia dei Materiali, e si avvale dell’esperienza, sia nell’ambito applicativo che in quello divulgativo, di Barbara Di Credico, professore associato di fondamenti chimici delle tecnologie nel dipartimento di Scienza dei Materiali.

Della comunicazione si occupa Jessica Bosisio, dottoranda in Economia e Management dell’Innovazione e della Sostenibilità presso l’Università di Parma. Nelle scorse settimane, i ricercatori hanno preso parte alle attività di team building che Bicocca Università del Crowdfunding realizza in collaborazione con l’associazione Street Is Culture.

Come funziona il processo RARE

«Attualmente – spiegano i membri del team – i componenti dei dispositivi elettronici sono riutilizzati solo in minima parte. Si riciclano materiali come il rame, l’alluminio e il ferro ma pochi riescono a riciclare le terre rare. Recuperare scarti industriali per creare le nuove materie prime  adatte alla cattura di questi elementi chimici permetterebbe di abbattere i costi che comportano gli altri metodi di recupero.

In questo modo, inoltre, si promuove un’idea di economia circolare dove i rifiuti non vengono eliminati, ma si cerca di dar loro una seconda vita.

Attraverso specifici trattamenti di questi rifiuti, gli ioni delle terre rare possono essere trasferiti in acqua e successivamente catturate dal nostro dispositivo.

«L’invasione Russa dell’Ucraina – osserva Fabio Pegorin, Business Development Manager di EIT RawMaterials – ha ulteriormente messo in risalto l’importanza per l’Unione Europea di riuscire a rafforzare le filiere locali per un approvvigionamento stabile e sostenibile di metalli e minerali necessari per la transizione energetica. È imperativo quindi, non solo sostenere progetti che mirano all’estrazione mineraria sostenibile di questi materiali strategici ma anche incentivare nuovi approcci e tecnologie come quelli proposto dal progetto RARE che mirano ad estrarre gli stessi da prodotti che li contengono e che hanno raggiunto il fine vita, tutto questo in un’ottica di economia circolare».

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